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La biomassa è stata una delle prime fonti di energia utilizzate dagli uomini attraverso la combustione. Questa storia millenaria continua oggi più che mai secondo Navigant Research, la cui ricerca mostra che nel 2020 si prevede un fatturato legato al mercato della biomassa pari a 11,5 miliardi di dollari.
La biomassa è una fonte rinnovabile e carbon neutral, ovvero con un bilancio pari a zero delle emissioni di anidride carbonica. Questo chiaramente non considerando la CO2 prodotta durante la lavorazione ed il trasporto.
Durante la loro vita infatti le piante da cui la biomassa viene ricavata catturano tanta anidride carbonica quanta ne viene liberata durante la combustione.
Un po’ meno pulita risulta lato PM10, in quanto durante la combustione della biomassa si liberano polveri sottili in quantità maggiori rispetto ad altre fonti di energia come il metano.
Una crescita costante
Già oggi le biomasse agroforestali contribuiscono con circa il 50% del mix di energie rinnovabili dell’Unione Europea. Nello studio noto come Eurobarometro delle biomasse solide, condotto dall’agenzia EurObserv’ER sui dati disponibili al 31/12/2017 si è registrato un aumento del 3% nel consumo di biomasse rispetto al 2015. Questo nonostante le temperature globali siano in continua crescita.
Le biomasse solide (legna, cippato, segatura, pellet, paglia e scarti agricoli simili) vengono usate in massima parte per produrre calore per riscaldamento invernale, perché dunque il loro uso aumenta in anni più caldi della media?
Il motivo è l’aumentato consumo di biomasse in sostituzione (o co-combustione) del carbone nelle centrali termoelettriche. E il fatto che l’energia elettrica così prodotta è sempre più richiesta per svariati motivi, tra cui le necessità del raffrescamento estivo edilizio.
Purtroppo però per sostituire 1 tonnellata di carbone, dato l’inferiore potere calorifico, occorrono circa 2 tonnellate di biomassa, che può essere di due tipi:
- Residui agroforestali
- Forsu (Frazione organica dei rifiuti solidi urbani)
Ad oggi la grande maggioranza della biomassa disponibile è rappresentata dai residui agroforestali, in particolare legna. Data la relativa facilità di sostituzione del carbone con biomasse legnose diversi Paesi, principalmente Francia e Inghilterra, hanno da tempo intrapreso massicci investimenti in questa attività, per poter raggiungere gli obbiettivi europei per il 2020.
Le sfide da affrontare
L’attività appena descritta comporta però l’insorgenza di due problemi che dovranno essere affrontati e risolti nelle direttive future dell’UE per il decennio 2020-2030: la sostenibilità e l’impatto ambientale delle centrali a biomassa solida.
Purtroppo infatti riconvertire a combustibili legnosi una centrale a carbone non la rende necessariamente più sostenibile, semplicemente consente al gestore di beneficiare dei crediti di carbonio senza fare o investire praticamente niente.
Le vecchie centrali a carbone raramente infatti utilizzano il calore in uscita in assetto cogenerativo, sprecando così circa il 60% del potenziale energetico della biomassa e prolungando la vita di impianti obsoleti e inefficienti, anziché promuovere soluzioni davvero sostenibili.
Il secondo problema è di tipo logistico: poiché la biomassa ha un potere calorifico di poco più della metà rispetto al carbone è necessario trasportare e immagazzinare circa il doppio di combustibile per mantenere costante la potenza.
In alcuni casi, si rende perfino necessario importare biomasse (ad esempio, l’Inghilterra importa ingenti quantità di pellet dal Canada e dagli Stati Uniti). Andrebbe dunque rivisto tutto il meccanismo di tracciabilità della filiera ed il conteggio delle emissioni.
La sostenibilità è possibile
Non tutto è però perduto: la Svezia, non contenta di avere già il 100% degli impianti a biomasse in assetto cogenerativo, punta alla frontiera estrema dell’efficienza energetica, la trigenerazione, ovvero la produzione simultanea di elettricità, calore e freddo.
Il 70% del fabbisogno di riscaldamento invernale e raffrescamento estivo della città di Stoccolma è soddisfatto da un impianto di trigenerazione, alimentato con biomasse forestali.
Un impianto simile, un po’ più piccolo, è stato installato in Lussemburgo, e centrali simili (in sola cogenerazione di energia elettrica e calore) si possono ritrovare in Trentino – Alto Adige.
Per essere veramente sostenibile, è necessario sviluppare tutta la filiera della biomassa, dalla produzione all’utilizzo, facendo in modo che (il più possibile) vengano limitate lavorazioni e trasporti, che aumentano pesantemente l’impatto ambientale della produzione di energia da questa fonte.
Un esempio potrebbe essere l’incentivazione di biomassa legnosa proveniente da sistemi agroforestali, cioè filari di alberi intercalati fra colture alimentari, oppure da colture arboree frangivento disposte in modo da proteggere le colture tradizionali, aumentando nel contempo la biodiversità e dando riparo a specie animali come gli uccelli migratori.
Secondo quanto riporta EurOberv’ER, è ancora da definire quali specie forestali potranno essere ammesse o meno per tali scopi, la durata del ciclo di ceduazione, le percentuali annue da abbattere e ripiantare, e l’intensità di incentivazione.
Esistono dunque elementi per essere positivi sul fatto che la biomassa possa giocare un ruolo importante e sostenibile nella produzione di energia dei prossimi anni.