Le fonti di energia denominate “biomasse” sono sostanze naturali di origine animale e vegetale, non fossili, che possono essere utilizzate come combustibili per la produzione di energia. Alcune di queste fonti, come ad esempio la legna da ardere, non richiedono un particolare trattamento per essere adoperate nella produzione di energia, mentre scarti vegetali o i rifiuti urbani, devono essere processati in “digestori” prima di poter sfruttare la loro energia chimica.

biocarburanti

In seguito alla fermentazione di vegetali come la canna da zucchero, barbabietole e mais, spesso prodotti in quantità superiori al fabbisogno nutrizionale della popolazione, si può ricavare l’etanolo (comune alcool etilico) che può essere utilizzato come combustibile. È il caso più comune di biocarburante, insieme al “biodisel” che viene invece ricavato dai vegetali oleaginosi (come girasole, colza o soia) tramite un particolare processo di spremitura. Tramite processi particolari inoltre le biomasse, anche di diversa natura, possono essere trasformate anch’esse in biocarburante.

Questo processo, denominato BTL (Biomass To Liquid), conduce all’ottenimento di un biodiesel derivante da materiali di scarto, anche alle volte prodotto appositamente con colture dedicate (specialmente nel nord europa la colza). Per sfruttare questi tipi di energia bisogna tenere in forte considerazione il rapporto tra l’energia impiegata per la coltivazione o separazione o stoccaggio di questi materiali e il ricavo energetico finale che deriva dallo sfruttamento della loro energia chimica.

Il rapporto è noto come ERoEI (Energy Return on Energy Invested) e segue una formula semplice dal punto di vista economico, ma da tenere sempre in considerazione quando si parla di trasformazione di scarti naturali in qualcosa di più:

Infatti è importante tenere presente il dispendio di energia per processi come il BTL, il quale prevede tre fasi di lavorazione dispendiose energeticamente.

Il processo che collega le biomasse ai biocarburanti si riassume in tre step

  1. Gassificazione a bassa temperatura: nella prima fase il materiale organico sbriciolato ed essiccato (con umidità intorno al 15 – 20%) è scaldato ad una temperatura tra i 400 e i 500 °C e subisce un processo di ossidazione parziale (pirolisi a bassa temperatura): viene così diviso nelle sue componenti molecolari e forma gas contenente catrame (parte volatile) e carbonio solido (parte solida);
  2. Gassificazione ad alta temperatura: durante la seconda fase del processo, il gas che contiene il catrame è ossidato usando l’aria e/o l’ossigeno in una camera di combustione che funziona sopra il punto di fusione delle ceneri del combustibile. Attorno ai 1400 °C le ceneri si fondono e le lunghe catene di idrocarburi sono rotte per formare ossido di carbonio e idrogeno; il risultato è un gas privo di catrame;
  3. Sintesi di Fischer-Tropsch: nell’ultima fase si sfrutta una reazione chimica catalizzata che consente di combinare il gas di sintesi ottenuto (composto da idrogeno e monossido di carbonio) per ottenere idrocarburi liquidi di varia forma.

Il sistema permette dunque di trasformare qualsiasi biomassa in biocombustibile con moltissimi vantaggi: la produzione di CO2 è neutra dal punto di vista del riscaldamento globale in quanto rientra totalmente nel ciclo naturale del carbonio (carbonio emesso in atmosfera durante il consumo della biomassa = carbonio assorbito durante la creazione della biomassa), non contiene zolfo, può essere utilizzato come additivo del gasolio per la naturale viscosità, resa decisamente maggiore rispetto al bioetanolo (zuccherino) o biodiesel (oleaginosi) di cui trattato in precedenza, è possibile produrlo in grandi quantità con scarti agricoli e organici appositamente coltivati in terreni di scarso utilizzo o marginali.

Biomasse e Biocarburanti in Italia e nel Mondo

biocarburanti derivati da biomasse

Negli USA, in India e in Giappone si stanno sperimentando coltivazioni pilotate di vegetali a crescita veloce, alcuni geneticamente modificati, per produrre energia: alimentare piccole centrali elettriche o provvedere al teleriscaldamento.

In Italia vengono attualmente condotte delle sperimentazioni genetiche sul Miscanto: una particolare erba graminacea a stelo, conosciuta in tutto il mondo, proveniente dall’Asia. Il genotipo Miscanthus Giganteus fornisce una biomassa particolarmente efficiente dal punto di vista agricolo (soprattutto nell’utilizzo di acqua spesa per la coltura, rapportata ad esempio alla canna da zucchero “energetica”), con una produzione secca stimabile in 11-14 grammi di biomassa per ogni litro d’acqua.

Il tentativo ora è quello di modificare geneticamente il miscanto per renderlo più utile dal punto di vista energetico, migliorando l’energia netta da esso ricavabile. Il miscanto e la canna comune sono comunque le principali erbacee utilizzate come biomasse, decisamente convenienti dal punto di vista energetico rispetto a tutte le erbacee annuali e agli sfalci arborei.

Vantaggi del Biodiesel

Per quanto riguarda i biocombustibili invece, vale la pena descrivere in maniera più approfondita il biodiesel, ottenuto da oli e grassi vegetali come alternativa al gasolio da raffinazione petrolifera. Questo biocarburante può essere ottenuto in diversi modi, come già analizzato, e rispettando particolari procedure nella sua raffinazione può essere utilizzato nei moderni motori diesel e presenta alcune peculiarità rispetto al gasolio:

  1. Riduce di circa il 50% le emissioni nette di ossido di carbonio (CO)
  2. Riduce di circa il 78% le emissioni di anidride carbonica (ciclo naturale del carbonio)
  3. Non contiene idrocarburi aromatici (es. benzopirene) riducendone le emissioni nocive fino al 71%
  4. Non ha emissioni di diossido di zolfo (SO2), poiché non contiene zolfo
  5. Emissioni di polveri sottili ridotte del 65%
  6. Inconveniente: il biodiesel produce più emissioni di ossidi di azoto (NOX) richiedendo l’utilizzo quindi di particolari catalizzatori.

I costi di produzione del biodiesel possono rendere il prezzo del biocarburante addirittura competitivo rispetto al gasolio tradizionale, ma l’attuale produzione mondiale di grassi e oli naturali non è assolutamente sufficiente a rimpiazzare i combustibili fossili. Alcuni gruppi ambientalisti sono anche preoccupati di un eventuale uso massiccio dei pesticidi o sfruttamento incontrollato del suolo, per fronteggiare la crescente domanda di biocombustibili.