L’Amazzonia si trova in piena stagione secca e, ancora una volta, la foresta pluviale è in fiamme.

Nel 2019, la città più grande del Brasile, San Paolo, è diventata buia a causa del fumo.

Mentre però il fumo viaggiava lontano, percorrendo migliaia di chilometri, l’indignazione popolare si è propagata ancora di più, come anche le critiche dei principali leader europei, che non hanno esitato a scagliarsi contro il presidente Jair Bolsonaro, “colpevole” a detta loro di non aver fatto abbastanza per proteggere la foresta pluviale.

2020: in piena pandemia da Coronavirus, il governo brasiliano prende i primi provvedimenti, ma…

Nel 2020, mentre tutto il mondo era stretto nella morsa del nuovo Coronavirus, il governo brasiliano ha introdotto alcune prime misure per ridurre il numero degli incendi nella foresta amazzonica, imponendo un divieto di 120 giorni di accendere fuochi e dispiegando l’esercito nelle aree maggiormente colpite.

Ma, nello stesso tempo, il presidente Bolsonaro ha dichiarato che gli incendi dell’Amazzonia sono una grossa bugia. E il suo vicepresidente, oltretutto, ha anche detto alla BBC che la foresta non stava affatto bruciando.

Le statistiche, ovviamente, ancora oggi dicono il contrario. Secondo l’Agenzia Spaziale Brasiliana (INPE), il numero degli incendi in Amazzonia, complice anche la pandemia, è aumentato del 28% rispetto a due anni fa.

Anzi, si teme già che, ad agosto 2021, ci sarà un ulteriore aumento del fenomeno.

Deforestazione e incendi in Amazzonia: come sta incedendo il nuovo Coronavirus

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Sao Felix do Xingu, nello stato di Parà, si trova proprio al centro di questo inferno.

La deforestazione è un problema grave in quest’area, un problema che, tra l’altro, viene ulteriormente aggravato dal numero di incendi.

Come conseguenza di ciò, Sao Felix do Xingu, soprattutto negli ultimi anni, è diventato un punto focale per lo sviluppo di incendi, soprattutto dolosi, nella foresta amazzonica, in quanto spesso anche i terreni sgombrati in modo illegale vengono dati alle fiamme.

Di giorno, il fumo penetra nella città e l’odore dei falò aleggia nell’aria, mentre di notte, a volte si può vedere il cielo illuminato dalle fiamme in lontananza.

Una lotta continua per respirare nel cuore del polmone verde

Gli incendi però non stanno uccidendo solo la foresta pluviale: stanno anche soffocando le popolazioni indigene, già duramente colpite dalla pandemia di Coronavirus.

Al centro sanitario di Sao Felix do Xingu, l’équipe medica lavora in modo incessante, giorno e notte.

Quando la pandemia ha colpito anche il Brasile, è stato trasformato subito in una clinica per soli Covid.

Gli ultimi nove mesi del 2020 sono stati molto intensi per il dottor Victorino Perez.

La clinica è la scelta migliore per i residenti della città, che altrimenti devono viaggiare per otto ore per trovare il letto più vicino di terapia intensiva.

Il dottor Perez, di recente, ha affermato che la situazione non sta affatto migliorando, perché vede ancora troppi nuovi casi ogni giorno.

Ma ora che nell’Amazzonia è scoppiata una nuova stagione degli incendi, la sua squadra medica ha un altro problema:

Ogni giorno ho pazienti che tornano con problemi respiratori, che peggiorano sempre di più a causa dell’inquinamento e degli incendi nella zona. Con il virus hanno solo tosse secca, irritazioni e mancanza di respiro, ma quando tornano, sono peggiorati, tossiscono di più e i loro polmoni sono anche più compromessi.”

Secondo un rapporto dell’Amazon Environmental Research Institute, dello Human Rights Watch e dell’Institute for Health Policy Studies, più di duemila persone nel 2019 sono state portate negli ospedali a causa di problemi respiratori legati agli incendi.

La preoccupazione maggiore è che quest’anno, così come nel 2020, questa pressione si farà ancora più sentire sui centri sanitari del Paese, già scarsamente dotati di risorse, mentre si occupano sia dei pazienti Covid sia delle vittime degli incendi.

Chiamata di emergenza per l’Amazzonia

Dall’altra parte della città, un altro dei medici in prima linea, il dottor Lucas Antonio Silva, è di turno.

Ha appena risposto ad una chiamata d’emergenza: una donna che sospetta di avere il Covid-19.

Vive dall’altra parte del fiume e l’unico modo per arrivarci è un traghetto che ha appena lasciato la riva del fiume. La squadra deve aspettare un’ora prima che ritorni.

Il dottor Silva, che ha poco più di vent’anni, è stato chiamato a rispondere ad una vera e propria crisi nel cuore dell’Amazzonia.

Il giorno dopo la sua laurea, a marzo 2020, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato lo stato di pandemia. Da allora ha lavorato solo per contrastare il Covid-19.

Quando alla fine riesce a raggiungere l’altra sponda del fiume, è un breve tragitto in auto per raggiungere Odeli de Almeida, 62 anni.

Ha tutti i sintomi associati al Coronavirus e suo figlio è attualmente ricoverato in ospedale per il Covid-19.

Il team la sottopone al test, ma per fortuna il risultato è negativo.

Potrebbero essere due cose” dice allora il dottor Silva alla signora Almeida.

Forse non sono passati abbastanza giorni per eseguire il test con precisione. In quella parte dell’Amazzonia, le persone hanno accesso soltanto ai test rapidi piuttosto che al ben più affidabile tampone.

O forse non hai il Covid-19, ma potrebbe essere un problema polmonare causato dalla polvere, dal fumo o da qualcos’altro.”

In ogni caso continuerà a monitorarla come se avesse il Covid-19.

Perché il Coronavirus potrebbe diventare un (grosso) problema per la foresta pluviale

Mentre la velocità di trasmissione, in questi ultimi giorni, sta mostrando i primi segni di rallentamento in tutto il Brasile, il virus si sta facendo sempre più strada tra le popolazioni indigene della foresta pluviale, mettendo ancora più a dura prova un sistema già delicato.

Ma i problemi dell’Amazzonia sono più grandi del solo Covid-19 e non se ne andranno dall’oggi al domani: queste comunità, che il più delle volte non hanno accesso alle cure mediche di base, sono in prima linea e, oggi, vivono sia nel mirino del nuovo Coronavirus sia in quello degli incendi illegali che, anno dopo anno, stanno distruggendo la foresta pluviale e compromettendo i polmoni di milioni di persone.