Nei dizionari italiani, il termine biomassa compare da pochi anni e non tutti ne conoscono ancora bene il significato. Si tratta dell’insieme degli organismi (vegetali o animali) e della materia da loro prodotta durante tutto il ciclo di vita. Ai giorni nostri, l’utilizzo delle biomasse risponde a importanti argomenti di attualità (effetto serra, sviluppo sostenibile, ecc.) con forti richiami al passato (rappresenta la più antica e diffusa delle fonti energetiche per l’umanità).

energia da biomasse vegetali

Esse vengono tutt’ora utilizzate per la produzione di energia, ricadendo nella tipologia delle fonti rinnovabili, in quanto l’anidride carbonica emessa per la produzione di energia non rappresenta un aumento dell’anidride carbonica nell’ambiente, ma è la medesima che le piante hanno prima assorbito per svilupparsi e che alla morte di esse tornerebbe nell’atmosfera attraverso i normali processi degradativi della sostanza organica.

L’uso delle biomasse vegetali accelera il ritorno della CO2 in atmosfera, rendendola nuovamente disponibile alle piante. Sostanzialmente queste emissioni rientrano nel normale ciclo del carbonio e sono in equilibrio tra la CO2 emessa e assorbita. La differenza con i combustibili fossili è quindi molto profonda: il carbonio presente ad esempio nel petrolio, è fissato stabilmente nel terreno e non rientra nel ciclo vitale; l’anidride carbonica che viene emessa in atmosfera in questo caso è pertanto “nuova”.

Come si possono sfruttare le Biomasse Vegetali?

Le crisi del petrolio degli anni settanta e la crescente preoccupazione per il degrado ambientale hanno rivalutato la biomassa come la più significativa fonte energetica rinnovabile per una società sostenibile. Essa può essere impiegata in più modi per produrre energia; ad esempio bruciata per produrre energia termica (in particolare il legno), fermentata in appositi digestori dove alcuni batteri la trasformano in biogas, trasformata in biocarburante utilizzabile nei motori a scoppio.

Le biomasse comprendono vari materiali di origine biologica, scarti delle attività agricole, degli allevamenti e delle industrie, riutilizzati in apposite centrali per produrre energia elettrica:

  • legname da ardere;
  • residui agricoli e forestali;
  • specie vegetali coltivate per lo scopo;
  • scarti dell’industria agroalimentare;
  • reflui degli allevamenti;
  • rifiuti urbani.

Le prime tre tipologie elencate rientrano nella classificazione delle biomasse vegetali.

Ad esempio nel settore agricolo gli scarti possono essere allontanati solo attraverso il circuito dei rifiuti solidi urbani (tramite una raccolta differenziata dedicata) oppure (quando interessano legno “vergine” e cioè privo di vernici, additivi, impregnanti, ecc.) utilizzandoli come combustibile in generatori di calore a legno o ancora per la produzione di compost. Le ricadute favorevoli riguardano la riduzione del riempimento delle discariche di rifiuti solidi e naturalmente l’utilizzo della legna come combustibile per produrre energia rinnovabile.

La legna può provenire non solo dai residui agricoli (3-4 milioni di tonnellate l’anno), ma anche da boschi (7/8 milioni di tonnellate l’anno), segherie ed industrie del legno (4 milioni di tonnellate l’anno), dal verde urbano (ad esempio gli alberi nei giardini pubblici) e da apposite colture energetiche.

Queste ultime sono un argomento alquanto spinoso: in estrema sintesi, la situazione agricola attuale, che vede quote sempre maggiore di territorio lasciate in abbandono a favore dei terreni più produttivi, rende più concreto l‘interesse di destinare i campi abbandonati alle colture energetiche. Per contro lo stato delle conoscenze dal lato produttivo e della lavorazione delle colture energetiche non superano ancora il livello di studio o di esperienza pilota, per cui esistono delle perplessità per una applicazione estesa di questo sistema.

Se si tratta di materiale di risulta costituito solo da legno “vergine”, tenuto presente dei limiti normativi in vigore, il legno scartato dalle industrie di prima lavorazione costituisce una risorsa di combustibile legnoso, circa 10 milioni di tonnellate totali annue, che è importante tenere conto durante la pianificazione delle risorse rinnovabili disponibili, soprattutto per il cippato (legno ridotto in scaglie di piccole dimensioni).

energia da biomasse vegetali

Le caratteristiche chimico-fisiche di un prodotto sono essenzialmente legate al suo utilizzo e commercio. I principali parametri che caratterizzano il combustibile sono:

  • la pezzatura;
  • l’umidità;
  • il contenuto energetico (potere calorifico);
  • presenza di materiale estraneo come incombusti o inquinanti;
  • specie legnosa;
  • disponibilità nel tempo (quantità totale annua, distribuzione nei mesi dell’anno);
  • impatto ambientale (poco considerato).

La filiera del legno riguarda poche ma essenziali procedure, dalla produzione all’uso finale, e cioè:

  • la depezzatura o sminuzzamento (assortimenti differenti come tronchetti, cippato, pellet, polveri);
  • lo stoccaggio (depositi stagionali o locali, da non sottovalutare i rischi di autocombustione e fermentazione);
  • il trasporto (dal bosco alle aree di stoccaggio, fino all’utente finale);
  • l’essiccazione (in catasta, all’aria aperta o sotto tettoia).

Quali sono le statistiche di consumo delle Biomasse Vegetali in Europa e nel Mondo?

Tra le energie rinnovabili utilizzate nell’Unione Europea, le biomasse rappresentano più del 50% del totale, e solo l’idroelettrico rimane una fonte abbastanza simile come MW generati (35% del totale). Nel mondo, sul totale di energia prodotta e consumata, le biomasse si classificano quarte con un 15%, dietro a mostri fossili come petrolio, carbone e gas naturale (rispettivamente 34%, 24% e 17%). Nei paesi in via di sviluppo, la situazione è diversa, in quanto il costo delle biomasse vegetali è basso e la loro disponibilità praticamente immediata e continua ed esse risultano quindi la fonte di energia maggiormente utilizzata.