Tutti ne parlano ma quasi nessuno sa bene cosa si intende per Green Economy. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e di capire a che punto siamo.

Anche in Italia se ne sente sempre più spesso parlare ma, nella maggior parte dei casi, senza comprenderne a pieno il significato.

L’enciclopedia Treccani dà la seguente definizione di Green Economy:

Modello teorico di sviluppo economico che prende in considerazione l’attività produttiva valutandone sia i benefici derivanti dalla crescita, sia l’impatto provocato dall’attività di trasformazione delle materie prime. In particolare, la Green Economy è una forma economica in cui gli investimenti pubblici e privati ​​mirano a ridurre le emissioni di carbonio e l’inquinamento, ad aumentare l’efficienza energetica e delle risorse, a evitare la perdita di biodiversità e conservare l’ecosistema. Tali investimenti devono essere supportati dalla spesa pubblica, da riforme politiche e da cambiamenti delle regole miranti a mantenere, migliorare e, se necessario, ricostruire il capitale naturale come un bene economico di importanza critica.

La definizione sembra piuttosto chiara e comprensibile: è sostanzialmente un nuovo tipo di economia che non punta solo alla crescita fine a se stessa, ma anche all’impatto ambientale che ne deriva.

Dalla teoria alla pratica… forse

La cosa che, però, preoccupa è l’aggettivo “teorico” utilizzato dalla Treccani per descrivere il modello su cui si basa la Green Economy. Il retaggio scolastico ci porta a pensare che dopo la teoria ci sia sempre la pratica, indispensabile per fissare i concetti e renderli concreti.

La domanda che sorge spontanea ora è: essendo la teoria acquisita e consolidata, siamo capaci di passare alla pratica?

La risposta è .

Nì perché alcune iniziative tipiche della Green Economy sono state già messe in pratica, ma tante altre sono ancora troppo lontane dalla concretezza.

Vediamo quali sono queste iniziative e a che punto siamo noi italiani nel contesto europeo e mondiale.

Le iniziative green

La Green Economy cerca di innescare un meccanismo virtuoso che permette di gestire al meglio le risorse, ottimizzando quanto più possibile la produzione e portando comunque ad una crescita del PIL.

Quello che si cerca con questo nuovo tipo di economia è l’applicazione di uno sviluppo sostenibile che porti al duplice risultato di far crescere il paese e di non impattare sulla natura.

In questo nuovo assetto economico, infatti, l’ambiente viene visto come un fattore di crescita per l’uomo, dal momento che l’impoverimento delle risorse, il consumo eccessivo delle materie prime e del suolo, il riscaldamento globale e l’inquinamento in generale comportano un aumento dei prezzi e una riduzione della qualità della vita.

Inoltre, l’obiettivo di far crescere la comunità e il PIL viene realizzato, nel contesto dell’economia verde, dalla creazione di nuovi posti di lavoro, detti “green jobs“, in moltissimi ambiti come l’agricoltura, le energie rinnovabili, la bioedilizia, il riciclo e tanti altri settori.

green economy

Inoltre, i vantaggi economici di investimenti green sono molteplici: i costi evitati dell’inquinamento e di altri impatti ambientali, l’attivazione di investimenti privati a seguito di quelli pubblici e la capacità di utilizzare e promuovere l’innovazione e la diffusione di buone pratiche e tecniche.

Il problema principale di questo nuovo modello è la richiesta di una profonda trasformazione della società, troppo spesso di difficile attuazione.

Il cambiamento dovrebbe essere portato avanti, oltre che dalla politica e dalla Pubblica Amministrazione, per lo più, dalle aziende che dovrebbero farsi carico di una “responsabilità sociale d’impresa”, portando avanti strumenti e tecnologie che mirino a impattare il meno possibile sull’ambiente.

Iniziamo a fare delle valutazioni per il mondo energetico.

Sappiamo tutti che una delle più stringenti priorità a livello mondiale è quella di ridurre il riscaldamento globale, limitando l’inquinamento e la diffusione in atmosfera dei gas serra.

Nonostante le emissioni di carbonio non siano in così forte diminuzione (anzi, tutt’altro) e nonostante lo scetticismo di alcuni governi e la forza frenante degli interessi industriali “brown“, la produzione di energia da fonti rinnovabili è globalmente in aumento.

Infatti, le prime grandi opportunità si sono cerate proprio nel campo delle energie rinnovabili: globalmente, gli investimenti su base annua nella generazione di energia da fonti rinnovabili hanno superato gli investimenti nei combustibili fossili, principalmente grazie al rapido calo dei costi delle tecnologie.

Passando al mercato del lavoro, come già accennato, la Green Economy si mostra come un’iniezione di nuova linfa: anche il programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) afferma che l’economia verde è un generatore netto di posti di lavoro di qualità, con salari adeguati, condizioni di lavoro sicure, stabilità del posto e ragionevoli prospettive di carriera.

Inoltre, anche uno studio americano, conferma che le energie rinnovabili e i settori a basse emissioni di carbonio generano più posti di lavoro per unità di energia prodotta rispetto al settore dei combustibili fossili.

Guardiamoci allo specchio

green economy manifestazione

Ma il nostro Bel Paese ha un comportamento green? Confrontiamoci con il resto del mondo e, soprattutto, dell’Europa.

L’Italia è tra i primi fra i grandi paesi europei negli ambiti di economia circolare, agricoltura biologica e eco-innovazione, ma ha ancora molto da fare sul consumo del suolo, sulla tutela della biodiversità e sulla decarbonizzazione, soprattutto nel settore mobilità.

Per tasso di circolarità, l’Italia è prima fra i principali paesi europei e ha una buona produttività delle risorse materiali, misurata in Euro di PIL per kg di risorse consumate. Siamo fra i leader in Europa per riciclaggio dei rifiuti urbani (in particolare dei rifiuti d’imballaggio) e dei rifiuti speciali.

Per quanto riguarda l’eco-innovazione, l’Italia si posiziona al di sopra della media europea, a pari merito con l’Austria ma al di sotto di Svezia, Finlandia, Germania e Danimarca.

Dopo la Spagna, siamo il paese con la più ampia superficie di agricoltura biologica, davanti alla Francia e alla Germania, e stanno aumentando anche le produzioni di qualità certificata.

Ma ora veniamo alle dolenti note.

L’italia resta, fra i paesi europei, quello con la percentuale più alta di consumo di suolo, con un tasso di copertura artificiale che continua a crescere.

Pur con alcune importanti eccezioni, il verde pubblico nelle città presenta generalmente valori bassi, con una diminuzione negli ultimi anni. Nonostante un patrimonio naturale tra i più importanti al mondo, la spesa per la protezione della biodiversità e del paesaggio è molto bassa ed è anch’essa diminuita negli ultimi anni.

Nel nostro paese circola la quota maggiore di mezzi con alimentazione diversa rispetto ai carburanti tradizionali (benzina e diesel) sul totale dei veicoli, un dato che viene sostenuto dalla grande diffusione della flotta a gas (GPL e metano), ma non va altrettanto bene per la vera mobilità sostenibile:

  • la percentuale di vendita di veicoli ibridi o elettrici è ancora molto bassa;
  • solo in 8 città capoluogo gli spostamenti con il trasporto pubblico, a piedi e in bicicletta superano il 50% (Bolzano, Bologna, Ferrara, Firenze, Milano, Pisa, Torino e Venezia)
  • a livello europeo, Roma è la città con la maggiore percentuale di spostamenti effettuati con mezzi privati (ben il 65%) a fronte del 15,8% di Parigi, il 26% di Madrid, il 30% di Berlino e il 37% di Londra;
  • il nostro tasso di motorizzazione privato è il più alto in Europa: 635 autoveicoli ogni 1.000 abitanti (Francia: 555 e Germania: 477).

Infine, l’Italia è il paese europeo con il più alto numero di decessi prematuri causati dall’inquinamento dell’aria: l’82% della popolazione risulta esposta a livelli medi annui superiori al valore guida per il PM10 (particolato atmosferico con diametro aerodinamico uguale o inferiore a 10 micron) indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Ma c’è tanto da fare sulla Green Economy

Ma parliamo, finalmente, di cosa andrebbe fatto in concreto per realizzare un sistema economico veramente green.

Le misure green su cui indirizzare gli investimenti, pubblici e privati, devono prevedere:

  • un incremento delle fonti rinnovabili;
  • azioni di riqualificazione profonda degli edifici privati e pubblici;
  • il conseguimento dei nuovi target europei di riciclo dei rifiuti;
  • l’aumento degli investimenti nell’eco-innovazione;
  • misure per la mobilità urbana sostenibile e per l’agricoltura biologica;
  • la riqualificazione del sistema idrico nazionale;
  • il rafforzamento della prevenzione del rischio idrogeologico.

La produzione da fonti rinnovabili è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale. Per raggiungere questi risultati è necessario istituire misure di transizione energetica che limitino l’utilizzo di fonti fossili incentivando e promuovendo sia l’efficienza energetica, sia le energie rinnovabili.

I risultati ottenuti nel settore dei rifiuti, per l’Italia, sono molto buoni, ma è necessario lavorare per preservare e migliorare quanto fatto. L’Italia deve mantenere e valorizzare la posizione raggiunta fra i paesi leader europei nell’uso efficiente delle risorse e nel riciclo dei rifiuti, per fare dell’economia circolare una leva di sviluppo della sua Green Economy, attraverso il miglioramento della riciclabilità dei prodotti e lo sviluppo del mercato delle materie prime seconde e dei beni riciclati.

È necessaria una riforma della fiscalità in chiave green per accompagnare il mercato, sia dal lato della domanda che dell’offerta, verso processi industriali e servizi a basse emissioni e ad alta efficienza nell’uso delle risorse, promuovendo una riduzione della pressione fiscale sul lavoro e maggiori investimenti per l’eco-innovazione.

green economy

Per premiare le imprese italiane che producono beni e servizi di elevata qualità energetica, bisogna prevedere per loro un’adeguata semplificazione delle procedure amministrative al fine di incentivare sempre più processi di valorizzazione del capitale naturale e dei servizi ambientali.

L’agricoltura italiana dovrebbe promuovere le produzioni sostenibili, biologiche e quelle legate sia alla varietà delle specie coltivate e allevate, sia ai valori culturali e paesaggistici locali.

Per questo motivo, occorre preservare le aree agricole, i pascoli ed il patrimonio forestale, valorizzando il loro ruolo strategico, multifunzionale e circolare.

Occorre favorire il ruolo dell’agricoltura e della silvicoltura anche come fonti di produzione di energia e di materiali rinnovabili per la bio-economia che possono contribuire ad incrementare il reddito nelle aree rurali e a frenare l’abbandono delle aree montane e interne.

Una mobilità inquinante e congestionata comporta notevoli disagi e genera costi elevati per economia e salute.

Appare prioritario accelerare lo sviluppo della mobilità sostenibile, riducendo il numero di auto private: per fare ciò bisogna puntare su un’efficiente offerta di mezzi di trasporto pubblico, o di quelli di sharing, nonché al maggior ricorso di aree pedonalizzate e piste ciclabili.

Inoltre, per ridurre le emissioni di gas serra, bisogna intensificare l’elettrificazione del settore e l’utilizzo di biocarburanti.

Il consumo di suolo, risorsa scarsa e limitata, va fermato. Occorre attivare finanziamenti e percorsi per la rigenerazione delle città con progetti di manutenzione, recupero, riqualificazione del patrimonio esistente, bonifica e riuso delle aree inquinate, degradate e dismesse, promozione del verde urbano, pubblico e privato, e messa in sicurezza antisismica e idrogeologica.

L’Italia è un paese dotato di uno straordinario capitale naturale, culturale, storico e architettonico che rende il turismo una delle voci fondamentali che rimpinguano il nostro PIL.

Questo capitale è minacciato dal dissesto idrogeologico che ha, ormai, raggiunto livelli allarmanti. Va attuata una gestione del territorio più attenta e aggiornata al nuovo contesto climatico, con interventi di prevenzione e attenuazione dei rischi.

Infine, va dedicata maggiore attenzione all’acqua, un bene prezioso e limitato che non può essere sprecato. Occorre promuovere un più esteso riutilizzo delle acque derivanti dalla depurazione e di quelle utilizzate per la bonifica di siti contaminati.